uso carnitina

Da anni è dimostrato il ruolo fisiologico della carnitina che agisce come carrier vitamina C-dipendente facilitando il trasporto degli acidi grassi a lunga catena all’interno della matrice mitocondriale per la loro successiva ossidazione.

Per questo motivo non meraviglia affatto che in letteratura ci siano una miriade di studi atti alla dimostrazione del ruolo della supplementazione orale di L-carnitina per indurre un incremento del trasporto dei grassi nel mitocondrio della cellula muscolare, l’amplificazione della loro ossidazione, il risparmio del glicogeno muscolare e il miglioramento della performance.

Nonostante le supposizioni teoriche e l’enfasi da più parti dimostrata nei confronti della supplementazione di carnitina, si è visto che i benefici metabolici sono veramente modesti per il muscolo scheletrico durante l’esercizio fisico forse per la difficoltà di aumentare la concentrazione di carnitina muscolare in seguito all’assunzione orale.

Alcuni autori, tra cui Giamberardino (“Effects of prolonged L-carnitine administration on delayed muscle pain and CK release after eccentric effort” Int J Sports Med; 1996) hanno dimostrato invece che la supplementazione di carnitina orale a dosaggio elevato (3 g/die per 3 settimane) pur non incrementando le proprietà ossidative della cellula, riduce la concentrazione muscolare di CPK (creatina-fosfo-Kinasi) (*).

Il risultato della ricerca ha aperto una nuova strada per la supplementazione in quanto ha dimostrato che la carnitina può avere un ruolo importante nelle fasi di recupero dopo un esercizio di elevata intensità ( la CPK gioca un ruolo chiave nel ripristino dei livelli di ATP utilizzato negli sforzi acuti, quelli cioè che sfruttano un processo energetico anaerobico alattacido).

L’high intensity training è un evento stressante che genera diverse sequele biochimiche di difficile analisi che coinvolgono in prima istanza il catabolismo delle purine (derivante dalla degradazione dell’ATP, la molecola energetica per eccellenza), la formazione di radicali liberi dell’ossigeno e il danno strutturale delle membrane cellulari.

La fase eccentrica dell’esercizio (la fase che sul grafico di Hill si trova nel quadrante negativo e che equivale al punto di massimo sviluppo della forza – Fox: forza cedente) con carichi elevati determina episodi di ipossia transitoria, deplezione di ATP, spasmo degli sfinteri precapillari, accumulo di ADP e l’attivazione dell’enzima adenilato kinasi che catalizza la formazione di ATP ed AMP a partire da due molecole di ADP. L’AMP aumenta rapidamente nella cellula e viene in parte convertito al suo intermedio metabolico chiamato ipoxantina. Contemporaneamente la massiva richiesta energetica da parte del muscolo durante un allenamento strenuo e l’incapacità dell’organismo di produrre rapidamente ATP determina una discrepanza tra la richiesta effettiva di ATP e la capacità fisiologica di risintetizzarlo non solo penalizzando la prestazione ma anche riducendo la funzionalità dei sistemi ATP-dipendenti.

Il deficit di maggior rilievo è rappresentato dall’alterazione funzionale della pompa del calcio ATP-dipendente a cui consegue l’accumulo di calcio intracellulare. L’incremento del calcio funziona come un interruttore in grado di attivare delle proteasi dipendenti dal calcio(enzimi catalizzatori) che a loro volta attivano l’enzima xantina ossidasi che catalizza la formazione di xantina (da ipoxantina) e la sua trasformazione in acido urico. La cosa più importante è che tutte queste complesse reazioni utilizzano l’ossigeno come accettore di elettroni e danno luogo alla formazione di radicale superossido (radicali liberi) (“L-Carnitine L-tartrate supplementation favorably affects markers of recovery from exercise stress” Jeff Volek, et Al. Am J Physiol Endocrinol Metab 282; 2002).

Uno studio di Hellsten (“Increased expression of xantine oxydase and insulin-like growth factor I immunoreactivity in skeletal muscle after strenuous exercise in humans” ACta Physiol Scand; 1996) parla di un incremento della xantina ossidasi nel muscolo umano dopo l’esercizio come importante indice di stress.

Il radicale superossido si lega al ferro ed attacca gli acidi polinsaturi che compongono la membrana cellulare inducendo un processo lesivo (la perossidazione lipidica) che è causa diretta della rottura della membrana stessa; in seguito alla rottura della membrana si liberano nel torrente circolatorio proteine citoplasmatiche come CPK, mioglobina e FABP (proteina legante gli acidi grassi).

Accanto alla difficile comprensione delle reazioni che stanno alla base del danno cellulare indotto dall’esercizio strenuo, emerge l’esigenza di ridurre tali danni, di rendere più rapido il recupero e di migliorarne la qualità. Lo studio di Volek precedentemente citato ha lo scopo di dimostrare se la supplementazione con L-carnitina L-tartrato (LCLT 2g/die 3 settimane) può effettivamente permettere all’atleta di ottimizzare la fase di recupero. In conclusione gli autori riportano che i dati ottenuti in seguito a squat di moderata intensità propendono per un effettivo ruolo positivo della supplementazione con carnitina in quanto si sono ridotti tutti i markers relativi alla degradazione delle purine, ai radicali liberi ed al danno tissutale e si è ridotto il dolore muscolare successivo all’esercizio.

Si tratta dunque di una nuova chiave di lettura dell’utilizzo di un supplemento da tutti conosciuto o meglio misconosciuto; la carnitina dunque non come energetico o quanto mai dimagrante ma come supporto per ridurre i danni da stress fisico.

Per completezza e sulla medesima linea di lavoro, annoveriamo anche la levo-acetil-carnitina (ACL) e la levo-propionil-carnitina.

Entrambe sono conosciute da anni nel mondo medico (la prima utilizzata nelle neuropatie e la seconda come coadiuvante delle affezioni cardiache acute e croniche) oggi entrano nell’universo del fitness come farmaci-integratori. In particolare la ACL stimola il metabolismo dei neuroni e migliora la performance muscolare, rafforzandone il metabolismo.

ACL, agendo sulle aree cerebrali prefrontali, rafforza il metabolismo neuronale e favorisce la produzione di nuovi neurotrasmettitori migliorando significativamente la conduzione dell’impulso nervoso.

Per cui è giusto prendere atto e ribadire che a tutt’oggi non ci sono evidenze scientifiche che supportino la comune convinzione che la carnitina debba essere utilizzata durante gli allenamenti con finalità lipolitica, anzi sottolineo il differente orientamento della ricerca che è propensa ad indirizzarne l’utilizzo ad una popolazione di atleti di potenza.

(*) La creatinfosfochinasi svolge un ruolo fondamentale nelle funzioni energetiche cellulari. E' composta da due isoenzimi, MM e MB, concentrati soprattutto nei muscoli scheletrici, nel muscolo cardiaco e nel tessuto cerebrale. Le variazioni dei valori nel sangue originano dai muscoli. Da quanto detto si evince che qualunque insulto ai muscoli sia scheletrici che cardiaco comporta un innalzamento dei valori ematici della creatifosfochinasi. Infatti valori molto elevati sono indice sia di gravi patologie a carico dell’apparato muscolare o del cuore ma può essere indice anche di esercizio fisico intenso, di iniezioni intramuscolari e traumi muscolari. Valori normali: 10 - 70 U.I./l

Dr. Luca Piancastelli Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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