E’ proprio vero che i tempi cambiano, le passioni si modificano e le “mode” prendono forme diverse. Se un tempo la bici (da corsa) voleva proprio dire pedalare sempre e comunque, è poi arrivato il momento della mountain bike, dove per guadagnare una discesa adrenalinica era necessario pedalare fino in vetta. “Le discese più belle si guadagnano con le salite più dure” recitano in molti durante le lunghe e dure salite

quando alcuni nel gruppo iniziano a domandare “c’è ancora molto?”, “si sale ancora tanto?”, “ma non avevate detto che mancavano solo duecento metri” (200 metri erano intesi di dislivello…non di strada... dai veterani).

 

Tutto vero, ma negli ultimi anni ha preso forma un nuovo modo di andare in bici, o forse dovremmo dire di “sfruttare la bici”. Andare potrebbe non essere il termine corretto se ci troviamo su una seggiovia a Les Deux-Alpes con la nostra bici che ci segue ben salda (si spera) al gancio di cui sono forniti i moderni impianti di risalita.

 

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E’ innegabile che la salita è fatica e che la discesa è adrenalina: se un giorno un signore vestito di nero ci dicesse che la pillola rossa è la salita e la pillola blu è la discesa probabilmente il 90% dei mountain biker sceglierebbe la pillola blu. Non sto dicendo che solo il 10% vuole salire, ma che se dovessimo scegliere per forza una sola pillola, quella blu la farebbe da padrone. D’altra parte si dice “e adesso è tutta discesa”…non ho mai sentito dire esultare nessuno con un “adesso è tutta salita”.

 

Battute a parte, la discesa è adrenalina, punto!

 

Non a caso, praticamente tutti gli impianti di risalita che una volta venivano sfruttati solo nella stagione invernale, da qualche anno consentono una agile salita a strani personaggi vestiti con corazze degne di chi fa enduro o motocross e con alla mano, anzi alle mani, strani oggetti a due ruote.

 

Questa non è bici” tuonerebbero i puristi della mountain bike: la bici ha i pedali per pedalare, per guadagnare l’agognata discesa, per esprimere il proprio potenziale, per durare fatica, per dimagrire, per restare in forma… ”E chi se ne frega” risponderebbero in coro le sempre maggiori orde di freerider e che, con il sorriso a 32 denti, invisibile sotto la mentoniera del casco integrale, già pregustano la birra alla fine delle 20 discese che sono riuscite a fare con oltre 30.000 metri di dislivello negativo in un solo giorno.

 

Eh già, perché se anche ai puristi piace comunque poi scendere, non possiamo non apprezzare 20 discese in un giorno. Sarebbe un peccato salire solo di pedale perché anche con un allenamento notevole, il biker medio può fare 2.000 metri in un giorno avendo ancora qualche riserva per non fare la seconda discesa completamente bollito. I superdotati si astengano da commenti come “ho fatto la Hero qualcosa con 8.000 metri di dislivello”…stiamo parlando di biker normali (come me) che anche se riuscissero a fare 8.000 metri di dislivello in un giorno, il giorno dopo non sarebbero in grado di ripetere l’impresa.

Non voglio assolutamente dire che non sia bello fare una salita, anzi: io adoro le salite, soprattutto quelle tecniche, dove, oltre alla pedalata, si cerca di passare ostacoli, tornanti stretti, pietraie, punti scivolosi, ma è proprio vero, sempre a mio parere, che provare, almeno una volta a farsi qualche giorno di sola discesa ha un gusto incredibile.

 

Durante le risalite meccanizzate c’è il tempo per analizzare la discesa appena fatta, per chiacchierare con il compagno di seggiovia, per guardare il panorama oppure per analizzare la discesa che stiamo per fare se è visibile dall’impianto.

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E poi saltano le classiche scuse di chi va più tranquillo, che, anche se non ce ne sarebbe bisogno perché ognuno va come va e l’importante è divertirsi, commenta “sai…è la prima volta che la faccio…questa è invece la classica discesa che fatta la seconda volta si può dare il doppio del gas”. In questo caso la risposta del gruppo non tarderebbe ad arrivare: “hai proprio ragione, rifacciamola subito :-)”.

 

Ad agosto 2013 siamo andati con il gruppo di FirenzeFreeride.com a Les Deux-Alpes per fare solo discesa: per me era la prima volta. Gruppo misto di 12 persone: per misto purtroppo non intendo uomini e donne, ma giovani e non più giovanissimi, operai e dottori, alti e bassi, magri e non magri. Il range andava da 20 e poco più a sessanta e poco più: la bici ha questa fantastica qualità di riuscire ad unire tutti come pochissimi altri sport sanno fare.

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Molti di loro raidavano (nel freeride gli inglesismi sono d’obbligo) da molti anni e conoscevano le piste per nome (Venosc, Sapin, Vallee Blanche, Satan…ovviamente la nera). Ci hanno guidato per le sponde del tracciato, sui wall-ride, sui drop, sui table-top, sui road gap.

 

In pratica: le curve sono sempre in appoggio; i wall-ride sono le pareti quasi verticali fatte di tavole di legno dove far salire in curva (e si spera scendere) la bici, i drop sono “lanci” che partono da un punto più alto verso un punto più basso a strapiombo, i table-top sono salti in cui la rampa di lancio e di atterraggio sono separati da una superficie orizzontale, mentre i road gap sono salti in cui lancio e atterraggio sono separati da una strada (è bene saltare la strada…sia chiaro).

 

Ovviamente questi ostacoli o per meglio dire questi elementi spettacolari sono di varie dimensioni e difficoltà e soprattutto sono sempre evitabili per cui il neofita del freeride può godersi comunque le sponde della pista senza rischiare un front-flip (capriola in avanti) perché la bici lo scalcia sul primo salto: se non la pompi ti scalcia....eh già!

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Una cosa sicuramente positiva è la possibilità di proteggersi adeguatamente per affrontare le discese senza dover portare il peso durante la salita: casco integrale, pettorina, ginocchiere, gomitiere e scarpe con protezioni sono una buona base di partenza. Siamo molto più protetti di quando facciamo All-Mountain dove magari abbiamo solo gomitiere e ginocchiere e siamo decisamente più protetti rispetto a quando facciamo Cross-Country con le tutine modello ballerini.

 

E’ chiaro che esiste una componente di rischio facendo solo discesa, ma per spezzare una lancia a favore della disciplina Freeride: è meno pericoloso cadere a 40 km/h su una pista pulita completamente protetti che non a 40 km/h praticamente nudi su una mulattiera o strada bianca dove non si sa dove si va a finire e soprattutto come. Solo il casco integrale rispetto ai caschetti “alti” fa la sua differenza.

 

“Le Due Alpi” sono un paradiso a prescindere dal livello tecnico del biker. Paradiso condito da negozi pieni di cose che solo un biker può capire, affacciati sulla strada principale con vetrine degne di negozi di Cartier. Vedere un XX1 esposto sopra un cristallo come se fosse un Rolex non ha prezzo…è proprio il caso di dirlo.

 

Le Deux-Alpes è un parco giochi per bimbi cresciuti: provate a pensare ad una cosa assurda da fare e a Les Deux-Alpes c’è già, pensatene un'altra e la trovate all’angolo successivo. Ad esempio, volete imparare a fare un salto senza tritare la vostra bici e rischiare l’osso del collo? Nessun problema, esiste il cuscino gonfiato ad aria dove poter atterrare in tutta sicurezza. Volete imparare a pompare la bici? I pump track vi danno una mano. Volete bere una birra la mattina sulla pista? Basta entrare in un rifugio in quota. Volete reintegrare le calorie perse (e se ne perdono tante a fare discesa)? Basta ordinare una Raclette la sera per reintegrare in anticipo anche quelle che perderete il giorno seguente.

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Se poi il gruppo è spettacolare come quello con cui ho avuto il piacere di passare 4 giorni, allora la vacanza diventa perfetta: si respira bici tutto il tempo, si scambiano le esperienze di guida, si impara guardando i più esperti affrontare questo o quel passaggio difficile.

 

La cosa più bella di un gruppo così eterogeneo è la possibilità di imparare da ognuno di loro qualcosa: da Jacopo, il presidente, si impara ad andare in bici, da Stefano si impara a sorridere sempre, da Alessio (Foffo) si impara qualche segreto culinario, da Jacopo Popo si impara a rialzarsi dopo un front-flip da qualche metro di altezza, da Diego si impara che ci si può fermare se si è stanchi (bravo!), da Luca si ruba qualche segreto sull’Enduro, da Paolo si impara cosa vuol dire ascoltare (grazie!), da Daniele si capisce che se anche la mattina "la si prende con calma" va benissimo lo stesso, con Fabio ci si cala nelle affascinanti insidie del rafting, con l’altro Stefano si apprende la meticolosità e ultimo, ma solo per puro caso, da Adriano si cerca di capire come si fa a far ridere tutto il gruppo ad ogni sosta con una barzelletta diversa raccontata divinamente.

 

Molti di questi soggetti gravitano intorno a FirenzeFreeride.com, il bike gym sulle colline di Firenze all’interno della splendida tenuta della Villa di Maiano dove si rivive sotto casa l’atmosfera della vacanza, dove si possono riaffrontare drop, table-top, wall-ride e curve spondate, sempre in tutta sicurezza, su una pista preparata con tanto di risalite meccanizzate. Sono convito che è così in molti bike-park.

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Per me pedalare è bello, durare fatica è bellissimo, affrontare una salita tecnica (e farcela) è superlativo, ma, ogni tanto, un po’ di sola discesa è un toccasana. Arrivare, come nella foto sopra a 3.400 metri, in un paesaggio quasi lunare e poter scendere a 900 in fondo alla Venosc per più volte al giorno è semplicemente "una cosa da provare nella vita".

 

Dimenticavo: a Les Deux-Alpes anche la sera ci si può divertire nei pub e nelle discoteche, che, contrariamente a quanto accade da noi, non sono frequentati solo da maschietti. Le francesi, tra l’altro molto carine, frequentano i bike park molto più delle ragazze del nostro paese e vanno pure forte…attenzione quindi a non fare troppo i galletti la sera perché la mattina dopo si rischia di vedercele sfrecciare davanti o, ancora peggio, passarci sopra in un salto!

 

Per vedere tutte le foto clicca quì

I video

Video 1

Video 2

Video 3

 

Roberto Brunetti
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